Calendario Dolomiti 2024

E’ arrivato il momento di presentare il Calendario 2024, ormai giunto al 16° anno, sempre dedicato alle Dolomiti e alle cime vicine.

Il formato è lo sempre lo stesso di questi ultimi anni, che coniuga tutte le richieste: spazi per scrivere, l’indicazione delle lune, il formato verticale per permettere di trovare più facilmente lo spazio dove appenderlo. Dimensione 29,7 (larghezza) per 42 cm (altezza)
E’ formato di 13 pagine, che permettono a fine anno di poter tagliare le singole foto e utilizzarle per farne quadri o altro.

Le foto presenti vi accompagneranno tutto l’anno sulle cime Dolomitiche con i più suggestivi panorami. Il richiamo delle Dolomiti è una medicina che cura l’animo delle persone!!

Il costo del calendario è di 10 euro. Se possibile consegna a mano ben volentieri, altrimenti spedisco con SDA al costo di 9 euro

Per ordinarlo scrivimi all’indirizzo email tom@passeggiando.it

Di seguito sono presenti le foto che compongono il calendario e un mese di esempio della sua formattazione

E qui di seguito la gallery delle foto presenti

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Baita Colmont – 3/5/2014

Ai piedi delle Cime d’Auta v’è una bella zona dove sono presenti baite comode e confortevoli.

Si trovano qui, la baita Colmont, baita Papa Giovanni Paolo I, baita Pianezze e il rifugio Cacciatori

Il 3 maggio ho accompagnato degli scout alla Forcella  di Lagazzon, da dove sono partiti per la Baita Colmont. Io invece avevo previsto di andare alla Baita Giovanni Paolo I passando per il Rifugio Cacciatori. Tutto piuttosto semplice e con dislivelli da inizio stagione.

Tre giorni prima avevo pure fatto un sopralluogo per assicurarmi che il sentiero per la Baita Colmont fosse a posto e verificare la quantità di neve presente, che era poca e solo tra i 1600 e 1750m.

Si parte verso le 15,40, il sentiero 687 nel tratto iniziale è largo e del tutto privo di neve;  partiamo, si cominci con un breve tratto in falsopiano e poi si sale. Passiamo vicino a una baita sulla sinistra e poco dopo un’altra a destra. Passiamo su un ponte che sorpassa uno dei numerosi torrenti della zona e seguiamo una nuova rampa di salita. Poco dopo si arriva a un bivio: a sinistra si prende per il Rifugio Cacciatori e a destra per la Baita Colmont. Qui ci separiamo, io vado a sinistra e i ragazzi a destra.

Trovo un po’ di neve, poca cosa. Poco dopo si svolta a destra incrociando il sentiero che sale da Feder. Procedo e quasi subito si trova un altro bivio ben segnalato (le indicazioni sono sempre presenti e chiare) e prendo a sinistra. A questo proposito merita menzione il fatto che nelle carte Tabacco alcune indicazioni sono sbagliate. Il bivio ora menzionato non è presente.

Albero di traverso al sentiero

Albero di traverso al sentiero

Da qui cominciano i problemi. Il sentiero è di quelli tranquilli, pendio dolce, in mezzo agli alberi, ma la sorpresa l’ha creata l’inverno: comincio a incrociare sulla strada alberi abbattuti. Quasi mai è agevole superarli, spesso devo deviare il percorso, salire per poi scendere tra i rovi, scoprendo placche di ghiaccio; una vera e propria gimcana nella giungla.

Quando arrivo al canalone ove scorre il torrente scorgo la neve che blocca molti passaggi, terra trascinata a valle ovunque. Passo il torrente e si perde subito il sentiero, che credo sia sotto la neve. Scorgo in alto sugli alberi, tra i 2 e 3 metri di altezza, delle fetucce bianche e rosse. Presumo siano delle indicazioni messe lì per l’inverno.

Devastazione

Devastazione

E infatti dopo alla Baita scopro che è così. Continuo a seguire le fetucce in salita, passando sopra tronchi divelti, e alla fine come previsto arrivo al sentiero.

Ancora poco e sono alla baita. Ho impiegato due ore per fare 400m di dislivello!!! Lì trovo il gestore, che vi abita. Sempre aperta ! Due chiacchiere e mi chiarisce che dalla Baita Giovanni Paolo I non si passa al versante della Baita Colmont, e che quello segnato in carta è un errore. Gli credo, e ci mancherebbe!. Mi fa intendere che il sentiero verso la baita Colmont è danneggiato, e quindi parto subito, per non farmi sorprendere dal buio. In effetti anche questo sentiero è disastrato: trovo zone franate, alberi sempre in mezzo ad occupare la sede; vado a cavalcioni di tronchi, saltandoli e tenendo i piedi ancorati ai rami. Arrivo a un canalone completamente innevato, è quello che avevo passato più sotto; innervosito guardo in alto e vedo che lo si può risalire. Indosso i ramponi e comincio ad affrontarlo. La neve è balorda, ogni tanto anche i ramponi scivolano. Lo risalgo con attenzione a non cadere in qualche buco, si sente spesso l’acqua che scende vicino alle rocce e qualche voragine ogni tanto si intravvede.

Uno dei motivi per cui le slavine hanno abbattuto sia alberi che trascinato a valle terra è perchè la neve è venuta prima che il terreno ghiacciasse, e così alle prime slavine la neve ha trascinato tutto, terra compresa.

Salendo per il canalone innevato

Salendo per il canalone innevato

Scorgo nel tratto più alto quasi all’uscita una volpe, e ancora un camoscio che veloce salta il greto del torrente. Non so quanto tempo passo a risalirlo, ma alla fine mi dichiaro arrivato e piego verso est, in direzione della baita Colmont. Sono circa a quota 2150-2200m. Qui vi sono dei bei traversi su erba con pendenza molto forte. La neve è scomparsa. Tengo i ramponi per fare questi traversi senza scivolare. Se il pendio è eccessivamente inclinato prendo la salita per evitare problemi. Arrivo così poco prima delle 20 in vista della zona della Baita Colmont, che ben conosco. A questo punto mancano ancora 20 minuti ad arrivare dai ragazzi, ma posso stare tranquillo. Mi godo il tramonto sulle Pale e sulla valle del Cordevole. Anche sulle Pale di San Lucano brilla una luce molto accattivante.

il fluttuare di un tramonto

il fluttuare di un tramonto

Quando il sole si abbassa completamente oltre l’orizzonte riprendo l’avvicinamento alla baita. Scendo e salgo un paio di canali e quindi giungo esattamente a 2150m sulla cresta che insiste dalla Baita Colmont.

Scendo mentre il freddo comincia a pungere e si alza un forte vento e dopo una decina di minuti arrivo alla Baita attraversando gli ultimi nevai.

La baita ha 4 reti metalliche e nessuna coperta in mansarda più 4 panche strette e anguste e due tavolacci.
Il camino funziona bene e vi si trova parecchia legna, mentre la cucina economica ha il camino che tira male e si rischia di affumicare tutto l’ambiente.

Notturno su Falcade

Notturno su Falcade

Vi sono anche altre tre persone, e per cui in tutto siamo sette. Mi sistemo alla bene meglio e, tra un pisolo e l’altro esco per qualche scatto notturno. La notte è assai favorevole. La conclusione è che dormo poco anche questa volta, oltretutto le panche sono estremamente strette e non è facile riuscire a chiudere occhi.

Arriva anche l’alba, con essa i raggi del sole a scaldare le pareti di Dolomia, le Cime d’Auta e le Pale.

Dopo poco si scende, questo sentiero è libero da alberi e ostacoli vari. Si scende bene e velocemente in 45 minuti seguendo il sentiero che è quasi per la totalità del suo sviluppo carrabile (solo agli autorizzati).

Baita Colmont, una uscita che posso consigliare a tutti seguendo il sentiero diretto 687 che parte da Forcella Lagazzon. Il panorama non vi deluderà!

Nella galleria che segue sono presenti anche foto invernali riprese sempre dalla medesima Baita

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Una notte tra le Pale – Bivacco Minazio – 6 giugno 2013

Al Bivacco Minazio (2250m) ci sono stato altre due volte, e ancora due volte sono passato in zona. Ma avevo un cruccio, andare a vedere la zona di notte. Visto che ci sono unisco assieme anche alba e tramonto.

Il versante sud della Val Canali

Il versante sud della Val Canali

Un’incognita sarà la neve. La possibilità di spostarmi nel Vallon delle Lede dipenderà molto da questo fattore.
Parto dalla sbarra della Val Canali, quota 1300m, ultimo parcheggio possibile, lungo il sentiero 711.
Il meteo in partenza non è buono. Piovvigina leggermente ed è fresco.

All’inizio si segue la strada forestale, poi, prima di arrivare al torrente Canali si devia a sinistra per il sentiero 711 che porta al Passo delle Lede. Questa volta non sbaglio l’attacco come successe 3 anni fa nel buio di un mattino.

Pala Cristoforo

Pala Cristoforo

Il sentiero qui è in mezzo al bosco e sale senza strappi. Dopo un primo tratto il sentiero si sposta a nord-est in falsopiano, attraverso un torrente (occhio al sentiero che si scorge a stento subito dopo) e poi sù.

Adesso la salita riprende e incrocio a circa 1600m il sentiero che va al rif. Treviso e che si segue lungo l’Alta Via numero 2. Si sale ancora, lascio una bella gola di neve alla mia sinistra.

Bivacco Minazio

Bivacco Minazio

Arrivato circa a quota 1900m si esce ormai definitivamente all’aperto e il paesaggio diventa quello d’alta quota. Sorpasso un primo salto di roccette dove metto le mani per terra per tenere l’equilibrio, sorpasso di nuovo il torrente, questa volta in direzione nord-ovest, con un passaggio leggermente esposto. Ancora qualche roccetta e comincio a intravvedere le cime che mi faranno compagnia in questa notte. Sulla sinistra vedo la Pala Cristoforo e la Cima  Sedole, sulla destra si scorgono il Campanile Fradusta, cima del Conte e il Campanile Elma.

Sasso delle Lede

Sasso delle Lede

A 2080 m incrocio il sentiero che porta al 709 del rifugio Pradidali, con il segnavia che ricorda che il sentiero è stato intitolato a Riccardo Simon. Proseguo. Subito la successiva china trovo neve. Trovo delle tracce già fatte, utili per individuare la via da seguire senza perdere tempo. Dopo una salita bella tosta di una decina di metri vedo il bivacco. Eccolo. Camminando di traverso  vi arrivo. Sono circa le 19.

IMG_0109Cima Sedole-800

C’è neve, un po’ meno di quando sono passato alcune settimane fa, Entro e comincio a sistemarmi. Ci sono alcune brande in un locale attiguo a quello principale, ma non mi ispirano. Ho il sacco a pelo, dormirò sulle panche.

Ora il meteo migliora. Giro un po’ attorno in zona, a cercare la luce del tramonto. Si sta bene come temperatura.
C’è ancora troppa neve per muovermi in zona come avrei voluto. Quindi stazionerò attorno al bivacco. Ora sono sotto alla Cima Canali e alla cima Wilma che portano lo sguardo verso il passo delle Lede e sopra a noi la Fradusta.
Mi sposto a nord, muovendomi con le ciaspe, rimanendo a fianco del canalone che divide la valle e cercando un pulpito panoramico. Passo così questi momenti fin oltre il tramonto con belle sensazioni e osservando i giochi di nuvole che si rincorrono nel cielo.
Rientro in Bivacco e attendo la notte. Purtroppo a questo punto il cielo si copre. In questi casi l’incubo diventa andare a dormire e di tanto in tanto svegliarsi per controllare se la situazione migliora. Così accade, e verso l’una il cielo diventa accettabile. Scatto così quelle foto in notturna qui presenti. Di fronte a me, dall’altra parte della Val Canali si scorge la luce del Rifugio Treviso, che il gestore, sapendo che c’era qualcuno al Bivacco Minazio, l’aveva lasciata accesa.

IMG_0118La luce della valle-800

Rientro quindi a dormire fino all’alba.
La giornata si prospetta bella, cerco la luce e respiro l’aria frizzante del mattino. Sono momenti in cui si sta bene soli. Non intendo dire che non sia bello condividere questi momenti, ma ogni tanto è bella anche la solitudine, per immergersi completamente nei silenzi, nella luce suggestiva di questi momenti.

A un certo punto mi risveglio …… e comincio a preparare lo zaino per scendere e andare al rifugio Treviso.

Parto …… il sole si alza e la neve già si sfalda. Velocemente esco dalla zona. E ora giù a valle, come sempre felice e contento dell’escursione.
Nulla da segnalare per il ritorno, se non l’incontro con qualche camoscio, che spesso si trovano qui in zona.

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A toccar le stelle in una notte di primavera – 23/24 aprile 2014 – Tra rifugi nel Catinaccio

Anche quando si fanno dei piani per uscire in escursione può capitare che poi salti tutto o si debbano cambiare.

Così è successo a me. Programmo di andare sul Catinaccio partendo alle 13 dal lavoro, per riuscire a posizionarmi per il tramonto, godermi la luce della notte e assistere all’alba.

Causa il solito imprevisto parto alle 17, e mi occorrono almeno 2,5 ore per raggiungere in macchina il parcheggio da dove inizia il sentiero. Che fare? Cambiare meta, programmi ?

Ormai mi sono lusingato e decido di andarci comunque. L’obiettivo dell’uscita è cercare il panorama inconsueto della zona, nella neve soprattutto, con i colori caldi del sole e al cospetto delle stelle. Non ci sarà di notte la luce della luna e il cielo buio risplenderà della luce delle sole stelle.
Con questo cambiamento di programma non arriverò in tempo per il tramonto, ma riuscirò a raccogliere la luce della notte sia in zona del Rifugio Vajolet che del Principe. So già, perchè mi sono informato, che il bivacco invernale del Principe è sotto la neve. Utilizzerò quello del Vajolet, mentre proverò ad assistere all’alba dal Principe, sperando di vedere i raggi del sole illuminare il Catinaccio.

Comincio a camminare a quota 1570m circa alle 20,30. Per fortuna rispetto a 15 giorni fa la neve non è continua sulla strada e si può arrivare fino al Gardeccia a piedi. Mi carico ciaspe e, per ogni evenienza, anche i ramponi (che non utilizzerò)

La strada alterna tratti di neve a tratti di asfalto, a seconda di quanto di giorno sia riscaldata dal sole ciascuna tratta. Da notare che è presente parecchio ghiaccio, che ho trovato soprattutto l’indomani mattino al ritorno.

In 50 minuti arrivo al Gardeccia a 1950m. Tutto assolutamente chiuso ma non solo vista l’ora, si vede che è un periodo di chiusura totale delle attività dei bar. Qui il telefono con la SIM Tim prende e quindi chiamo casa. Ora il buio è totale. Avanzo alla luce della pila frontale. Per mia sicurezza ne ho altre due in zaino. Mi serviranno. Le batterie durano meno con il freddo.

Rifugio Vajolet, nel silenzio della notte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ l’ora di indossare le ciaspe e seguire le tracce ben presenti, che seguono esattamente il sentiero CAI 546 che si percorre d’estate.
Vado tranquillo anche perchè ho già fatto questo sentiero 15 giorni fa, nelle medesime condizioni. E’ questa una condizione importante quando si cammina di notte: conoscere bene il percorso. Di notte è tutto diverso, la luce è solo quella della frontale, un cartello può non vedersi, si può sbagliare traccia, la visibilità è limitata dal raggio d’azione della frontale; è un po’ come viaggiare nella nebbia. La conoscenza del percorso è quindi requisito essenziale.

Torri tra  le stelleInizialmente il sentiero corre con leggera pendenza, a tratti si snoda tra alberi e enormi massi. Quando si è sotto al pulpito dove si appoggiano i Rifugi Preuss e Vajolet comincia la salita su forte pendio. La neve è ghiacciata e almeno non si scivola come sulla neve fradicia. E’ nevicato pochi giorni fa, ma qui non sembra, almeno a questa quota.
Sarà lo zaino pesante, sarà che sono fuori forma, ma la fatica si fa sentire. Si percorre un primo tratto di salita a zig zag ma seguendo una linea teorica diritta, poi ci si allarga a destra in diagonale, si risale ancora su forte pendio, quindi ultimo diagonale sempre verso destra e si arriva ai Rifugi a 2248m. Sono circa le 22,30.

Rifugio Passo Principe - Tra le rocce sotto la neveArrivo al bivacco del Vajolet, sistemo il sacco a pelo su una branda, e mi ricordo che potrei anche mangiare qualche cosa :-). Inizio dopo a divertirmi e a cercare la posizione per gli scatti. Vado avanti così fino a quasi mezzanotte. Con le esposizioni lunghe della notte è necessario più tempo che di giorno. Il risultato però ben ripaga il tempo necessario.

Siamo soli nell'Universo?La notte esalta le possibilità della macchina fotografica: il sensore/pellicola può accumulare la luce per lungo tempo, cosa che invece il nostro occhio non fa. Infatti la luce c’è sempre, anche di notte e anche se poca, e il sensore della macchina non fa altro che accumulare questa luce per lungo tempo, riuscendo alla fine a proporre un’immagine intelligibile. Ecco che allora uno scenario buio, appena tratteggiato ai nostri occhi, diventa illuminato per una macchina fotografica. L’ambiente ripreso dalla macchina fotografica risulta diverso rispetto a ciò a cui noi siamo abituati. E’ un modo diverso di vedere l’ambiente montano, molto più simile a quello che vedono gli animali notturni. Personalmente trovo che queste situazioni siano le più divertenti fotograficamente, perchè in queste occasioni posso  rivelare un ambiente che esiste in una diversa dimensione, quella dell’occhio tecnologico fotografico che va guidato dalla verve compositiva del fotografo.

L'attesa dell'albaVerso mezzanotte mi ritiro e vado a riposarmi. Imposto la sveglia per le 2,15 per salire al Rifugio Passo Principe a 2599m, in tempo per fotografare la zona ancora nel pieno dell’oscurità della notte. Mi appisolo così bene che non sento la prima sveglia, ne sento un ulteriore richiamo alle 2,45. Sinceramente non ho molta voglia di alzarmi. Ho trovato il caldo ideale nel mio sacco a pelo. Mi chiedo chi me lo fa fare …… mi rispondo ” e che ci sei venuto a fare fin qui allora!!” Preso da questi pensieri mi alzo. Verso le tre parto per il Rifugio Principe. D’inverno la strada da seguire è diversa rispetto al sentiero 584 estivo. Ci si porta sul fondo di un canalone dove scorre il torrente in estate. E’ una bella gola, che si snoda tra i pendii delle montagne zigzagando tra massi. Si procede con pendenza non importante, poi a ridosso della testata della valle la pendenza aumenta sempre più. Procedere di notte non è un problema, il percorso è obbligato e si notano le tracce di coloro che sono passati nei giorni precedenti. Circa a 2500m si trova un inaspettato cartello che indica il percorso per salire al passo Antermoia a destra e al rifugio a sinistra. Ultime fatiche, su un terreno sempre più ripido che le lame delle mie ciaspe ben artigliano. Arrivo verso le 4,20, esausto perchè fuori forma, in tempo per poter riprendere le stelle ancora ben luminose in cielo.

Cerco di fotografare tutto il fotografabile e quindi dopo le cinque decido di aspettare l’alba. Fa freddo però, tira una bella arietta ….. mi devo inventare qualche cosa per passare il tempo. Prendo la pala che ho nello zaino e comincio a liberare la neve dalla porta del bivacco invernale. Il prossimo che arriverà qui avrà meno lavoro da fare 🙂

Poco dopo le sei si vede la luce del sole illuminare prima le nuvole e poi le pareti delle rocce verso il Catinaccio. Cerco di bloccare questi istanti su Catinaccio e Torri del Vajolet.

Il rientroNon ho voglia di salire al passo, quel pendio così elevato mi fa passare qualsiasi velleità. Prendo quindi la strada del ritorno. In quaranta minuti comodi rientro al Vajolet, recupero le cose che ho lasciato qui e parto verso il Gardeccia e poi giù alla macchina, sempre con l’occhio sulle rocce a cercare la vetta più intrigante.

Alle 9,30 arrivo all’auto, concludo la giornata e con tutta calma rientro verso casa.

Il Rifugio Vajolet di giornoE’ stata una uscita molto particolare, mi sono stancato oltremodo, non per la difficoltà del percorso ma perchè non sono in forma accetttabile. Sicuramente il ricordo di questa piccola avventura mi rimarrà nella mente per un bel po’ di tempo, e mi farà crescere a nostalgia di queste belle sensazioni per altre uscite.

 

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Dalla Rosetta alla Val Canali per il Bivacco Minazio – 14/5/2013

Quella che presento è, personalmente, una delle più belle uscite sulla neve che abbia fatto con le ciaspe.

La fattibilità di un simile percorso è vincolato alla quantità di neve presente, agli impianti disponibili, alla sicurezza da slavine con cui la si può realizzare. Perciò sempre occhio al bollettino della neve. Qui siamo in alta montagna, dai 2700m della partenza ai 1300m dell’arrivo.

In questa occasione si è preferito utilizzare la funivia della Rosetta per salire sull’Altopiano. In certi periodi è non solo più facile, ma anche l’unica via per evitare il rischio di slavine, sempre incombente in questo versante quando la neve non si è saldata in modo sicuro.

All’arrivo in funivia a quota 2700m (sito funivia Col Verde) si apre il mondo dell’Altopiano delle Pale.

L'Altopiano e il Rifugio Rosetta

L’Altopiano e il Rifugio Rosetta

Primo incontro è con il rifugio Rosetta, ora aperto anche in inverno. Lo si vede subito uscendo dalla stazione della funivia.

Si scende di circa 100m e quindi si prende la traccia ben evidente anche d’inverno che passa ai piedi della Cima delle Scarpe in salita. Si segue il pendio della montagna piegando a destra. Procediamo per lievi sali e scendi per poi piegare in direzione Passo Pradidali Basso 2658m per una vista sulla valle.

In vista della Val Pradidali

In vista della Val Pradidali

Procedendo a vista usciamo proprio sul Passo Pradidali Basso. Da qui godiamo di una invidiabile panoramica sulla Val Pradidali e sulle Cime che la delimitano a est e ovest.

L’ambiente innevato si presenta ai nostri occhi come il paradiso: la neve bianca emana una luce intensissima, candida e avvolgente, è immacolata e ciò contribuisce a amplificare le nostre sensazioni.

Giriamo un po’ intorno e poi ritorniamo sui nostri passi, aggiriamo il vallone che sale dalla Val Pradidali per avvicinarci al Passo delle Lede 2695m.

Camminando ai piedi della Fradusta

Camminando ai piedi della Fradusta

Si sale, poco alla volta, di buon passo. Oltrepassiamo la verticale della Fradusta e dopo poco prendiamo un canalino che ci porta diretti al Passo. Avrei preferito passare per sotto sul più dolce pendio, ma visto che ci siamo mi assicuro per bene e scendiamo.

Perveniamo al Passo e da ora il tempo comincia ad annuvolarsi. Procediamo in cresta verso la Cima del Lago. Da qui osserviamo le cime del versante ovest della Val Pradidali, e abbiamo una bella vista sulla Cima Canali e su una via aperta dall’amico Renzo Corona.

Il viaggio è ancora lungo, tutto in discesa ma le sorprese possono materializzarsi all’improvviso.

Scendendo dal Passo delle Lede

Scendendo dal Passo delle Lede

Dopo un veloce spuntino partiamo. La discesa dal passo è ripida. Qui indosso le ciaspe, mi sento più sicuro. Dopo una trentina di metri di pendio pronunciato cominciamo un tratto di traverso su ripido pendio  con la neve che si fa sempre più pesante e cede sotto il nostro passo.

Scendiamo con fatica a causa della condizione della neve che è fradicia. Ogni tanto troviamo qualche buco e sprofondiamo di peso. Seguo Tullio che disegna la traiettoria migliore per la discesa: a volte si resta in quota, a volte scendiamo e spesso scivoliamo. Teniamo comunque la sinistra del vallone in discesa. Il Bivacco Minazio è infatti su questo lato. Penando quasi per un’ora e incontrando poco prima delle pernici, arriviamo al bivacco. Qui ci si sente arrivati, ma in realtà mancano ancora 1000m di discesa, su un sentiero che mette alla prova ginocchia e muscoli delle cosce.

Neve dopo il Minazio

Neve dopo il Minazio

Sotto di noi intanto, su un terrazzo, sei camosci brucano tranquillamente l’erba che si è aperta un varco tra la neve.

Scendiamo, 150m circa e la neve scompare. Bene. Galoppiamo verso la Val Canali, trovando spesso sfasciumi vari in mezzo al sentiero. Sono le slavine che hanno spostato tronchi, rami, foglie. Questo sentiero è già stato presentato in altra escursione. Si trova a questo link.

Scendiamo soddisfatti e transitiamo nel bosco finale dove mi sembra di non arrivare mai.

Un grandissimo giro, che consiglio non prima di aver raccomandato di organizzarsi bene con due auto, una a San Martino di Castrozza e una in Val Canali.

Alla prossima!

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In attesa del bel tempo …. contiamo le cime !

2 febbraio, giornata uggiosa che suggerisce di  non avvicinarsi alle montagne. Siamo a livelli di slavine con rischio 4-5 in Dolomiti. E’ risaputo. Allora guardiamo qualche panorama, distinguiamo le varie cime …. e studiamo futuri percorsi!
In questa immagine, che si ingrandirà cliccandoci sopra, riprendo il settore centrale delle Pale di San Martino fino alla Val Canali.IMG_7274_IMG_7301-10 images-Gruppo Pale-10000

Ricordo che nel mio sito web sono presenti oltre 40 relazioni di escursioni sulle Pale di San Martino. Le trovate a questo link.

Per chi possa essere interessato,  ho pubblicato un libro fotografico sulle Pale di San Martino, contenente 120 foto, delle quali 9 a tre ante fino a 90 cm di lunghezza, 11 a 2 ante fino a 60 cm, e altre 100 in formato 30×20 cm. E’ presente alla fine del libro una cartina delle Pale che riporta fedelmente la posizione di scatto di ogni foto presente nel libro.
Informazioni sulla pubblicazione sono presenti a questa pagina del mio sito web. E’ possibile richiedermi il libro  direttamente, autografato se richiesto.

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Malga Fossetta – 13 febbraio 2013

Idea soft, ideale per giornate in cui il pericolo slavine è elevato e il tempo a disposizione è poco.

L’abbiamo effettuata in inverno, quando le condizioni erano severe e pur di non rimaner fermo ho cercato qualche cosa di facile da fare con le ciaspe. Partenza da Passo Cereda 1360m per Malga Fossetta. e rientro con varie possibilità.

Passo Cereda e gli "avamposti" delle Pale di San Martino

Passo Cereda e gli “avamposti” delle Pale di San Martino

 

Si parte da Passo Cereda, prendendo il sentiero 723 che si dirige inizialmente in direzione est, quindi dopo poco gira su ovest con pendenza modesta. Si passa per boschi, dove la neve non manca. E’ un sentiero molto frequentato, quindi è facile trovare le tracce di altre persone che facilitano l’avanzare e l’orientamento. Arriviamo dopo un’ora alla malga Fossetta 1550m, un tempo molto lungo rispetto a quello che si può fare d’estate.

Malga Fossetta

Malga Fossetta

Si gode di un bel panorama, si è su un piccolo cocuzzolo e lo sguardo arriva sul Lagorai e sugli avamposti delle pale di San Martino.

A questo punto procediamo su terreno non battuto e scendiamo secondo il percorso 723 (cercando di indovinarlo). La direzione è quella dell’abitato di Domadoi. Troviamo anche la strada battuta da un trattore, che a tratti ci semplifica il percorso. Arriviamo ad una radura da dove si vedono benissimo le varie cime delle Pale, tra il Cimerlo e Cima Canali. Una zona tranquilla dove meditare e ammirare il paesaggio qualche minuto.

Le prime case verso Domadoi

Riprendiamo e tagliando nel bosco arriviamo all’abitato di Domadoi e alla strada asfaltata che si stacca da quella per passo Cereda. Da qui a questo punto scegliamo di rientrare al Passo per la strada. Vi arriviamo in poco meno di un’ora, pur camminando di buon passo. Un pomeriggio all’aria aperta, peccato che il tempo non sia stato completamente dalla nostra parte.

tramonto da Passo Cereda

tramonto da Passo Cereda

Alla prossima !

 

 

 

 

 

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4/7/13 Cima Montanel 2463m

L’obiettivo di questa giornata era un altro, ma poiché il compagno era impossibilitato a seguirmi ho modificato il mio progetto di questa giornata sulla Cima Montanel.

Ho letto qualche relazione sul web, letto la presentazione di Luca Visentini nel suo libro sul Gruppo, e quindi con buone speranze nel meteo sono partito nel tardo pomeriggio.

Mi ero fatto un’idea che sia un luogo poco frequentato, che però nasconde delle visuali inaspettate.

Fiori del sentiero

Fiori del sentiero

Raggiungo il lago di Centro Cadore e salgo verso il rifugio Cercenà. Qui lascio la macchina a 1050m

Il dislivello complessivo è quindi di 1400m. Non li ho mai fatti quest’anno, ma penso di riuscirci, senza troppa fretta. Ho fatto i miei conti e dovrei riuscire ad arrivare in cima per il tramonto.

Parto verso le 16,30. I primi 250m sono abbastanza dolci, su una stradina di montagna più che un sentiero, e in mezzo al bosco. Primo bivio alla forcella Dalego a 1315m. Qui si prende a destra e il sentiero diventa un bel sentiero di montagna e la pendenza aumenta vistosamente.

Il percorso gira in senso orario attorno al Col dell’Elma. Il terreno è morbido, quasi fosse “torba”. La racchetta affonda facilmente e spesso si impiglia tra le radici che numerose affiorano .

L'Eremo dei Romiti

L’Eremo dei Romiti

A circa 1600m altro bivio che porta ai “Romiti”. Noi continuiamo senza sosta verso destra a girare il monte.
Mi trovo così su uno strapiombo che si slancia su Lorenzago. Il sentiero fin qui non è esposto. E’ una zona ricca di radici, bisogna stare attenti a come si mettono i piedi.

Avanti così si arriva sui 1800m in una zona dove il sentiero è ricco di sassi. Con lo sguardo verso ovest ci si proietta sul lago di centro cadore, a est, a sinistra salendo, non si intuisce ancora il profilo del Montanel; si vede una grande muraglia di pietra che non si capisce dove inizi e dove finisca. Ancora un po’ di boscaglia, molto più rada,  prima di arrivare al rifugio. Ad un certo punto si apre una radura e lì in mezzo troviamo rifugio e bivacco.

Rifugio Montanel

Rifugio Montanel

Il rifugio è chiuso. E’ di proprietà del CAI di Domegge, e si possono chiedere le chiavi. Il bivacco è sempre aperto, pochi letti e qualche coperta. Si vede in foto.

Da qui riparto, ancora per poco in mezzo ad arbusti, e poi il panorama si apre verso sud sui ghiaioni che scendono dal Crodon di Scodavacca. Sono in un bellissimo catino, mi sento a contatto con le pareti del Crodon. Ho una bellissima sensazione.

Continuo su qualche tornantino e arrivo su un pianoro. Qui su un evidente masso c’è la segnaletica che invita a svoltare a sinistra. Continuo su un bel sentierino verdeggiante in leggera salita.

E’ un ambiente che mi entusiasma. Arrivo alla base del pendio che porta alla cima, su fondo erboso e in forte pendenza. Da qui, spostandosi un po’ verso ovest si arriva a dominare la radura dove sono posti rifugio e Bivacco. E’ un belVedere!

Il Montanel

La salita per arrivare a ridosso del Montanel. La salita in foto sembra meno ripida di quello che è in realtà

Parto per la salita, faticosa, ma si è quasi arrivati, mancano 200m. Si sale a zig zag. La traccia è presente, ma non la scorgo. Poco importa. Si può salire liberamente, la meta è facilmente intuibile. Salgo, arrivo alla base delle rocce che suppongo essere la vetta ….. e invece no. Il sentiero piega a destra sotto alle pareti, piccola cengia che non desta preoccupazione, si risale, si piega di nuovo a destra e a poca distanza dalla vetta c’è l’unico punto dove da superare avvalendosi delle mani. Prima si supera un crepaccio dove un masso fa da ponticello, quindi si sale un masso di poco meno di due metri di altezza. A questo punto manca pochissimo si procede su terreno friabile ma che non desta più preoccupazione. Visita all’anticima che si getta sul Ciadin di Montanel e poi conclusione in vetta di fronte alla croce, con il sole sugli occhi e il sudore che grondante dalla fronte mi acceca.

Crodon di Scodavacca

Crodon di Scodavacca

La serata è ottimale, gran bella luce e una stupenda visione su Spalti di Toro, Monfalconi , in una prospettiva inusuale: le cime sono una vicina all’altra, quasi senza soluzione di continuità, come un mare increspato dalle onde; si distinguono per i profili e per i colori che cambiano da croda a croda. E’ un mondo diverso, il mondo delle vette in prossimità una all’altra. Viene davvero il desiderio di conoscerle, continuare l’esplorazione …… alla prossima allora, nel Ciadin d’Arade.

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Rifugio Dal Piaz e Monte Pavione – ultimo aggiornamento 30/11/2013

Un caso, o forse no, nella zona del Rifugio Dal Piaz, sulle Vette Feltrine, ci sono stato tre volte e solo in periodo invernale. Mi ero ripromesso di farci una capatina in estate ma …… le montagne sono così tante e gli obiettivi tanti e mutevoli.

E’ di questi giorni l’ultima uscita in zona, e ho trovato più neve che in passato.

Da Croce d’Aune si parte lasciando l’auto in piazza, oppure portandosi a 200m di strada fin sotto al sentiero. Le tabelle danno 2h30′ per arrivare al Rifugio a 1990m di quota. Il dislivello quindi è di circa 950m.

Il sentiero inizia in mezzo al bosco, con pendio non eccessivo e sempre facile. Non vi sono difficoltà fino al rifugio. Ogni tanto si incrocia la strada sterrata che conduce sempre al rifugio. Assolutamente vietato prenderla. E’ lunghissima, circa 11 km complessivamente e alquanto noiosa. Noi continuiamo per il sentiero 801. Nel tratto iniziale non ho mai trovato neve consistente, neppure questa volta, il 30 novembre 2013. Dopo aver incrociato la strada una seconda volta, si vede un bel cartello che indica per la discesa 15 minuti. E’ un segnale di speranza per chi scende e ha perso fiato e gambe!

Da questo punto il sentiero prosegue quasi sempre diritto, con pendenza costante fino ai 1350m circa, da dove allungandosi di alcuni passi oltre il sentiero si arriva a vedere l’aspirata meta, anche se ancor lontana, dall’altra parte della valle.
Qui si procede a destra, il pendio si fa un po’ più severo. Dopo 10 minuti giriamo a sinistra. Continuiamo finchè arriviamo  a quota 1600 circa su uno spiazzo dove riprendiamo la  strada sterrata che saliva da Croce d’Aune. Dopo poco sulla destra si può risalire una scorciatoia che evita un altro lungo e noioso percorso sterrato. La prendiamo. Ci si porta in cresta dove si possono quasi sempre ammirare i camosci che brucano sull’altro versante, che appena mi vedono scappano in discesa lungo i selvaggi canaloni delle cime Feltrine. Dalla cresta si continua fino a raggiungere ad un tornante per l’ennesima volta la strada.

Ora alcuni tornanti e si arriva sul tratto finale. Da notare che in periodo invernale questo pezzo finale potrebbe non essere del tutto tranquillo. La strada è infatti realizzata sul fianco ripido della montagna, che spesso scarica neve o favorisce gli accumuli, che ostruiscono la strada e obbligano a passaggi di traverso per nulla simpatici. Noi li abbiamo trovati, fortunatamente, ghiacciati e siamo passati con le ciaspe che facevano buona presa. Passare con la neve molle  potrebbe essere per nulla simpatico.

Si arriva al rifugio e da qui poco sopra si apre il panorama sulla Busa delle Vette.
Al Rifugio è presente anche un Bivacco invernale, dove abbiamo dormito l’ultima volta. Piccolo, ci sono 4 brande e alcune coperte.

Proseguendo, la meta ambita è il Pavione, cima che desta curiosità. Dal Primiero quando lo si guarda assomiglia a una cima tranquilla con la sua forma piramidale con pendii apparentemente docili. E così, dopo aver fatto un approfondito sopralluogo all’inizio di dicembre 2011 con Stefano, approfitto dello scarso innevamento per provarci di nuovo il 29 dicembre. Compagna d’avventura è la Lucia. Si parte tardino, verso le 5, alla volta di Croce d’Aune. Il panorama è assai suggestivo.

La cima è data in 1h15′ dal Rifugio Dal Piaz, però abbiamo incontrato un percorso accidentato da neve e saliscendi. Arriviamo alla cima le Vette, e qui preferiamo indossare i ramponi, per evitare problemi sulla successiva discesa. 60 metri di discesa, e poi si ricomincia la salita senza ramponi perchè torniamo su un settore esposto a sud. Si sale così abbastanza velocemente al Col di Luna, ampio anfiteatro che si passa in cresta e che divide il Pavione dalla Busa delle Vette. Qui, appena giunti in cresta indossiamo di nuovo i ramponi, percorriamo tutta la cresta e scendiamo di una decina di metri per poi salire sulla cresta, innevata abbondantemente, che porta in vetta al Pavione a 2335m. Da sotto fa un po’ impressione, ma in realtà non è nulla di difficile nè pericoloso. Sempre molta attenzione e nulla più. La salita è ripida, ma i ramponi danno sicurezza e arriviamo così facilmente in vetta alle 11,30. Abbiamo impiegato molto tempo, ma non ci siamo dannati e con tutto quel “cava e metti” di ramponi abbiamo perso parecchio tempo. Arrivati in vetta ci godiamo l’ampio panorama e ci rifocilliamo. Scendiamo quindi per il sentiero 817, ma non fino al Passo del Pavione, perchè restiamo in quota sulla dorsale che dal Pavione scende in direzione sud-sudest e arrivati al termine della dorsale scendiamo verso est a riprendere il sentiero 810, che del tutto pianeggiante ci riporta al rifugio Dal Piaz, e di qui procediamo in discesa, dove senza alcun problema rientriamo all’auto per le 16.

Un bellissimo giro per circa 1300m di dislivello complessivo in una natura biancheggiante , con una giornata di sole favolosa. Che volere di più?

Le tracce GPS del percorso sono disponibili. E’ possibile scaricarle cliccando qui

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Escursione in famiglia al rifugio Chiggiato – 30 giugno 2013

Uscita al rifugio Chiggiato

In questa annata davvero insolita spesso mi sono trovato a non sapere dove andare per qualche giro a causa della neve. In realtà con un po’ di attenzione di percorsi ce ne sono sempre tantissimi, basta fare un po’ di mente locale …. E qualche cosa torna sempre in mente. Così a fine aprile, dopo un periodo di mal di schiena che mi aveva tenuto fermo per 2 settimane sono andato a fare una sgambata al rifugio Chiggiato, ai piedi delle Marmarole in Cadore.

La voglia era tanta, ci sono andato con qualsiasi “meteo”. Mi era andata abbastanza bene, avevo preso un po’ di pioggia solo al ritorno.

Però avevo fatto un giro completamente in mezzo alle nuvole, senza vedere nulla.

Ne ho approfittato perciò dell’occasione di questa semplice uscita con i figli per vedere il panorama da qui, visto che ne avevo sentito parlare bene.

Parcheggiamo l’auto circa 1 km dopo il bar alla Pineta nel parcheggio sulla destra prima di passare il Rio Diassa. Poco distante tra l’altro si trova anche la teleferica del rifugio.

Parto con Stefano e Francesco, di 6 anni. Immaginate quindi che il sentiero è proprio per tutti. Si parte da circa 1100 m di altitudine prendendo il sentiero 260 che segue la riva sinistra del Rio Diassa per 200 m circa prima di deviare sulla destra proprio dove in sospensione passa il filo della teleferica.

E’ un sentiero ottimamente individuabile, non ci si perde neanche a volerlo. Da tabella sono 810 m di dislivello da fare circa in 2 ore. A questo proposito lungo il percorso si trovano spesso dei cartelli che invitano ad accelerare il passo perché manca poco. I cartelli piazzati lungo il sentiero sono per escursionisti che tengono un passo circa di 600 m/h.

Il pendio di salita è di una certa importanza, conviene prenderlo con calma per non scoppiare presto. Procede a zig zag per aggirare la montagna e salirla poi dal versante nord.
Attorno ai 1450 m arriviamo in uno spazio panoramico dove si trova anche una comoda panca e l’indicazione che mancano solo 35 minuti al rifugio (per i più veloci!).

20 m di sentiero in falsopiano e troviamo l’unico saltino che ci farà alzare un po’ la gamba per superarlo. Questo è il momento in cui si gira versante. E’ una bella zona con un bel bosco che lascia passare una luce diffusa che crea un bel gioco di ombre.

Il sentiero è umido, leggermente fangoso, ma con tutta l’acqua che scende in questo periodo c’è poco da sperare il contrario. Si continua in mezzo a una folta vegetazione, francesco si diverte a soffiare sui soffioni e mi chiede di fotografarlo J. Procediamo così e in 1h50’ siamo al rifugio.

La giornata è decisamente bella.

Ad accoglierci c’è il cane del gestore del rifugio che risulta essere libero. Un bel giocherellone, anche troppo tanto che Francesco si spaventa un po’ (occorre poco). Ha fame, e ci fa compagnia per avere qualche cosa.
Anche per togliercelo di torno saliamo al Col Negro, poco sopra il rifugio, dove si trova un ponte radio del Soccorso Alpino. Scelta azzeccata. Da lì si ha una ottimale visuale.

Giriamo lì attorno per un po’ di minuti, tra i mughi dove è aperto un sentiero e ci ritroviamo sopra alla Pociaval e di fronte la Cresta S. Bianco.

Bel panorama e bel strapiombo. Verso est inoltre c’è la vista sul lago di Centro Cadore.

A questo punto rientriamo al rifugio, diamo un’occhiatina e ripartiamo verso valle.

Il rientro è super veloce con Francesco che fa a gara con Stefano e si fanno i dispetti l’un l’altro per stare davanti in discesa !

Arriviamo così in un’ora all’auto. Felici e contenti di questa uscita, riprendiamo la strada di casa.

Alla prossima!

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